Oggi parliamo dei capperi di Pantelleria, piccoli ma ricchissimi di sapore. Ma c’è di più, scopriremo anche cucunci, tenerumi e il capperificio che porta la tradizione pantesca nel mondo. Pronti a partire?
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Una salsa Patrimonio dell’Umanità, la bagna cauda
Ottimo, avete tutto il tempo di organizzarvi. Chiedete un giorno di permesso, chiamate la baby sitter, spostate quello che dovete spostare, ma mi raccomando, dal 26 al 28 Novembre tutti al Bagna Cauda Day. Fujot accesi e pronti al finale in gloria con il tartufo!
Come? Non sapete di cosa sto parlando? Urge rimediare! Ve lo spiego io cos’è la bagna cauda, perché è un rito immancabile della grande tradizione gastronomica italiana e quali sono le regole per gustarla come un piemontese doc. Eh sì, perché c’è un vero galateo comportamentale per il provetto mangiatore di bagna cauda. Ma andiamo con ordine.
Bagna cauda: una ricetta con brevetto
La bagna cauda (letteralmente salsa calda) è un intingolo a base di aglio (un sacco di aglio), acciughe e olio che si usa per accompagnare verdure cotte o crude. Nasce come tradizione autunnale: in origine era il piatto che si serviva ai vendemmiatori per ringraziarli della loro fatica.
Il primo abbinamento, quindi, era proprio con le verdure della stagione. Una su tutte, il cardo gobbo di Nizza Monferrato in provincia di Asti, che si raccoglie a inizio ottobre ed è l’unico della famiglia dei cardi che si mangia crudo. Non per nulla, a Nizza Monferrato esiste una Confraternita della Bagna Cauda e del Cardo Gobbo. Che coppia!
La ricetta della bagna cauda è sacra ed è stata depositata nel febbraio 2005 dalla Delegazione di Asti dell’Accademia Italiana della Cucina con ufficiale registrazione sottoscritta notarile. Le dosi parlano chiaro: siete in 12? 12 teste d’aglio.
Per 12 mangiatori di bagna cauda la ricetta ufficiale prevede anche 6 bicchieri da vino di olio extravergine d’oliva (dopo vi dico quale) e 6 etti di acciughe rosse di Spagna, sotto sale e stagionate almeno un anno. Poi – ma non ditelo alla Delegazione - se volete replicare a casa potete anche usare i filetti sott’olio, purché siano di primissima qualità.
Olio, dicevamo. Il migliore sarebbe quello ligure, se riuscite a procurarvi quello nuovo bello pizzichino tanto meglio. Attenzione solo alla temperatura. La bagna cauda, lo dice il nome stesso, va gustata bella calda. Quindi olio ad alta temperatura, che però non deve mai friggere né fare fumo.
Gli ingredienti vanno cotti tutti insieme a fuoco bassissimo per almeno mezz’ora, avendo cura di girare continuamente. Alla fine, per un gusto più morbido, è ammesso un po’ di burro. Altri invece bollono prima l’aglio oppure lo fanno macerare nel latte prima di cuocerlo.
Le Sacre Tavole della Legge della bagna cauda però non fanno menzione di questi passaggi, quindi prendeteli con le pinze. Fondamentale, invece, il fujot, il tipico recipiente in terracotta con la fiammella sotto che serve proprio a tenere la salsa sempre bella cauda.
Per quanto mi riguarda, la bagna cauda non è una cosa che mi piace cucinare. La preparazione è lunga e – diciamocelo – parecchio noiosa. Va anche detto che, pur trattandosi di una delizia della tavola, l’odorino che resta in cucina non è proprio il massimo. Quindi il mio consiglio è: compratevela.
Attenzione però, trovare in commercio una buona bagna cauda, fatta come si deve con gli ingredienti giusti non è affatto facile. Noi ci siamo riusciti e ora che l’abbiamo trovata non la lasciamo più. Sto parlando della bagna cauda di Inaudi, produttore cuneese di funghi e tartufi d’eccellenza nonché grande conoscitore dei prodotti e dei gusti del Piemonte.
In attività dal 1929, la dinastia Inaudi ha come fondamenta la lavorazione artigianale e il massimo rispetto delle materie prime. Insomma, la loro salsa è un prodotto di altissimo livello, che non ha proprio nulla da invidiare a quella che potete trovare nei ristoranti tipici piemontesi.
Un rito corale
La bagna cauda è molto più di un piatto, è un rito collettivo che celebra la convivialità e il piacere della buona tavola. Si serve rigorosamente nel fujot, che va posto al centro della tavola, cosicché tutti si possano servire. Anche le verdure d’accompagnamento andrebbero disposte su un solo vassoio da cui tutti attingono.
Scordatevi le monoporzioni, i formalismi e gli impiattamenti fighetti, il bello della bagna cauda è proprio la condivisione. Dalla sua nascita come offerta ai vendemmiatori alle sagre odierne, preparatevi a un momento di pura emozione.
Se ancora non ci credete, vi basti sapere che la bagna cauda è in lizza per entrare beni immateriali del Patrimonio Culturale Unesco. Per far compagnia ai beni già in elenco - dieta mediterranea, falconeria, alpinismo, arte dei muretti a secco e pupi siciliani solo per dirne qualcuno - la bagna cauda deve dimostrare di possedere le seguenti caratteristiche:
- essere trasmesso da generazione in generazione;
- essere costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la sua storia;
- permettere alle comunità, ai gruppi nonché alle singole persone di elaborare dinamicamente il senso di appartenenza sociale e culturale;
- promuovere il rispetto per le diversità culturali e per la creatività umana;
- diffondere l’osservanza del rispetto dei diritti umani e della sostenibilità dello sviluppo di ciascun paese.
Per noi, non ci sono dubbi!
Il galateo della bagna cauda
Tutto molto bello, un cibo delizioso da gustare in compagnia, la tavola lunga, la convivialità, l’amicizia e quello che volete, ma ricordatevi che con la bagna cauda non si scherza. Ci sono alcune cose che non vanno mai fatte.
Vietatissimo fare “palot”, cioè usare le verdure a mo’ di paletta per raccogliere più salsa. Le verdure vanno “ponciate” - il termine esatto è questo – nella salsa, ma senza portarne via troppa. Stesso discorso per il pane: non si poncia mai perché assorbirebbe una quantità esagerata di salsa.
Ovviamente vietato intingere verdure già morse. Impensabile, poi, servirsi la salsa direttamente nel piatto e poi intingere da lì. Non ci pensate nemmeno, la bagna cauda si mangia tutti insieme, in un rito vociante e festoso.
Dulcis in fundo, l’uovo di gallina o di quaglia da cuocere nel fondo della bagna cauda e da arricchire con una bella grattatina di tartufo bianco, tanto per rimanere in zona. La festa nella festa, per dare l’arrivederci a una serata memorabile.
Che altro dire, ci vediamo il 26 novembre ad Asti!
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