Oggi parliamo dei capperi di Pantelleria, piccoli ma ricchissimi di sapore. Ma c’è di più, scopriremo anche cucunci, tenerumi e il capperificio che porta la tradizione pantesca nel mondo. Pronti a partire?
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Alla ricerca della cicerchia perduta
Le cicerchie (Lathyrus Sativus) sono legumi eccezionali, con un altissimo contenuto di proteine. Ma, cosa ancora più importante, sono piante super resistenti che si adattano benissimo a qualunque clima e a qualunque terreno. Quella delle cicerchie è una vera e propria coltura di assicurazione, in grado di fornire raccolti anche quando tutte le altre coltivazioni falliscono.
In Italia, le cicerchie sono state protagoniste di ricette semplici, con cui i contadini si sfamavano dopo una dura giornata nei campi, ma anche di piatti ricchi di gusto, di storie e di tradizioni. Si sono diffuse soprattutto tra Umbria, Marche e Molise, ma anche in Lazio e in parte della Puglia, ottenendo il riconoscimento di Prodotto Agroalimentare Tradizionale italiano.
Oggi, però, le cicerchie sono meno coltivate e meno consumate di un tempo. La loro coltivazione è difficilmente meccanizzabile e questo costituisce sicuramente un limite alla loro diffusione. E se da una parte questo è uno svantaggio per i coltivatori, per il consumatore attento, il fatto che la lavorazione sia ancora manuale e artigianale è certamente un punto a loro favore.
Sicuramente, poi, la fama di legumi “maledetti” non le ha favorite, così come i lunghi tempi di cottura e di ammollo. Ma è un vero peccato, perché questi legumi, oltre a essere nutrienti e salutari, sono davvero buonissimi.
I legumi “maledetti”: leggenda o verità?
Grazie alla loro resistenza alla siccità, le cicerchie si sono diffuse soprattutto nelle zone aride, dove il rischio di una carestia è un incubo ricorrente. Il problema, però è questo: il consumo eccessivo ed esclusivo di cicerchie può causare una patologia neurodegenerativa che ha come effetti, tra gli altri, la paralisi degli arti inferiori.
Il neurolatirismo, proprio dal nome scientifico della cicerchia, ha colpito le zone più aride della Spagna, del Nordafrica e dell’Asia meridionale fino al secolo scorso ed è ancora diffuso nelle aree più povere dell’Eritrea, dell’Etiopia e dell’Afghanistan.
Chiariamo subito un paio di cose. I casi di neurolatirismo sono correlati esclusivamente a situazioni di carestie e siccità, quando nessun alimento fresco è disponibile. Solo e soltanto se rappresentano l’unica fonte di sostentamento, le cicerchie possono effettivamente avere degli effetti collaterali.
È stato anche dimostrato che solo le piante cresciute nelle zone aride durante la siccità, quindi praticamente del tutto senz’acqua, contengono la neurotossina ODAP, responsabile della malattia. Quindi, impossibile ammalarsi a meno che non si mangino solo cicerchie cresciute senza acqua. Ma questo aspetto è comunque parte della loro storia.
Un legume tutto da (ri)scoprire
La coltivazione di questa pianta è molto diffusa e si estende dal bacino del Mediterraneo, all’Africa orientale e fino in Asia. Sembra, però, che i primi a consumare le cicerchie furono nientemeno che gli antichi Egizi, che preparavano pane e focacce con la farina ottenuta dalla macinatura dei semi. I Romani, poi, furono gli inventori della zuppa di cicerchie.
Come tutti i legumi, hanno rappresentato la principale fonte di proteine per coloro che non potevano permettersi la carne. Un alimento povero, quindi, ma dalle grandissime proprietà nutritive e dal gusto unico.
Oggi, il loro consumo è notevolmente inferiore rispetto a quello di fagioli o ceci, ma, finalmente, si intravedono i segni di una lenta rinascita. Grazie a una maggiore attenzione all’alimentazione, con la preferenza per i cibi sani e genuini, questi legumi eccezionali stanno pian piano riconquistando l’attenzione che si meritano.
Hanno bisogno di un tempo di ammollo molto lungo, almeno 18 ore in acqua tiepida e salata. Ma basta organizzarsi, la sera si mettono a mollo e il giorno dopo si cucinano. Considerate che per cuocerle ci vogliono all’incirca 2 ore in pentola normale, chiaramente molto meno con la pentola a pressione.
Non vi fate spaventare dai tempi, sarebbe un grosso errore, perché le cicerchie sono davvero buonissime, con un gusto che ricorda quello dei lupini e delle fave. Sono anche molto versatili, perfette per preparare ricche zuppe e minestre, ma anche creme, purè, contorni e insalate.
Le migliori ricette con le cicerchie
La ricetta più famosa è senza dubbio la zuppa di cicerchie. Tipica della cucina umbra e marchigiana, diventa gustosissima grazie all’aggiunta del lardo. Una volta ammollate e lessate, le cicerchie vanno semplicemente condite con pomodori pelati, sale, pepe e prezzemolo e aggiunte al brodo e a tutte le verdure che più vi piacciono.
Potete decidere di lasciare la zuppa così com’è o di passarla al mixer; per impiattare, due belle fette di pane tostate e un giro d’olio buono.
Se volete cimentarvi in un vero piatto contadino della tradizione regionale abruzzese, provate le sagne con le cicerchie. Si tratta di un tipo di pasta fresca, fatta solo di acqua e farina e tagliato a forma di rombo, condito con salsa di pomodoro e cicerchie lessate. Non adatto a una cena dell’ultimo minuto ma per fare le cose buone, si sa, ci vuole tempo.
Se, invece, volete un piatto più fresco, provare l’insalata di cicerchie. Basta cuocere le cicerchie e aggiungerle a pomodori, insalata, carote, sedano, cipolle, e chi più ne ha più ne metta. A me piace condirla con sale, pepe, olio e limone.
Quando un alimento scompare si perde anche un po’ della nostra storia. Le cicerchie hanno rischiato di sparire per sempre dalle nostre tavole ed è solo grazie alla nuova riscoperta degli alimenti regionali, più antichi e genuini, se ancora oggi possiamo gustarci questi legumi favolosi.
Vale davvero la pena spendere un po’ di tempo per la preparazione. Ve lo assicuro, le cicerchie sapranno ripagarvi con un gusto unico e inimitabile.
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