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Pecorino
Un formaggio italiano dalle sfumature regionali
Ne esistono tantissimi tipi, ogni regione porta avanti lavorazioni tradizionali che danno vita a grandissime eccellenze gastronomiche. Stiamo parlando del pecorino.
Quando componiamo un tagliere di formaggi, spesso siamo abituati a proporre ai commensali prodotti molto diversi tra loro. Magari proponiamo un formaggio a crosta fiorita, uno a pasta morbida e uno a pasta dura, oppure scegliamo un formaggio di capra, uno di latte di vacca e uno di pecora. Perché, invece, non proporre una selezione di un unico tipo di formaggio interpretato in modo diverso in varie parti d’Italia?
Pecorino giovane - 300/600/1200 gr
Pecorino bucciato a latte crudo "Gioia del pastore" - 400/800/1600 gr
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Si fa presto a dire “pecorino”
Dire “pecorino”, in effetti, è un po’ riduttivo. C’è quello toscano, c’è quello romano e poi c’è quello sardo… Vediamoli insieme.
Il pecorino in Toscana
Il pecorino toscano ha ricevuto il riconoscimento Dop nel 1996. È uno dei formaggi italiani più antichi che abbiamo, risalente all’epoca di Etruschi e Romani. Oggi come allora è prodotto con il latte delle pecore allevate nei pascoli toscani. Sempre territorio toscano è poi lavorato e stagionato.
Un modo di chiamarlo assai diffuso in Toscana è con la parola cacio e fu addirittura Plinio il Vecchio nella magnifica Naturalis Historia a parlarne per la prima volta. Dobbiamo però arrivare al Quattrocento per avere testimonianza di un certo cacio marzolino, molto amato dalle famiglie nobili tra cui quella dei Medici. Era un formaggio molto apprezzato e che, al tempo, veniva annoverato tra i migliori formaggi italiani.
Credo sia molto importante prendere in considerazione un fatto caratteristico della Toscana. Sebbene il Pecorino Toscano Dop sia buonissimo, abbia un sapore davvero unico, dolce e sapido in perfetto equilibrio, nella mia terra il pecorino assume mille forme e sapori. È il formaggio di casa, ce n’è sempre un pezzetto pronto per essere gustato a fine pasto o come merenda dei piccini (e non solo!).
Ogni giorno ci confrontiamo con casari e affinatori che non producono questo formaggio italiano seguendo il disciplinare della Dop ma che comunque lo creano con grande cura e creatività.
Mi sento quindi di poter spezzare una lancia a favore anche di tutti quei pecorini prodotti in Toscana che ‘pecorino toscano’ non sono, ma che comunque racchiudono tutto il sapore autentico di questo formaggio, portandolo, attraverso affinamenti sapienti e originali, anche verso nuove sfumature di gusto.
Sulla crosta compaiono, allora, vinacce, foglie di ulivo, cacao ed erbe aromatiche. Il risultato è sempre sorprendente e tiene alto il nome del pecorino in questa regione, a prescindere dalla Dop.
Un altro aspetto interessante del pecorino Toscano Dop è che può presentare la pasta di varie consistenze. C’è sia a pasta morbida, sia semi-dura. Tutto dipende dalla durata della stagionatura. Il primo matura almeno 20 giorni, quello a pasta semi-dura almeno 4 mesi.
Il pecorino romano
C’è un gran parlare sul pecorino romano Dop. Tutto nasce dal fatto che si chiama ‘romano’ ma gran parte della produzione viene fatta in Sardegna, poiché è il disciplinare stesso che lo prevede. Tuttavia, ci sono ancora aziende casearie che ancora lo producono lì dove è nato, nella valle del Tevere.
È da inserire tra i formaggi italiani del Lazio o della Sardegna? Entrambi, facciamocene una ragione e superiamo le etichette. Dopotutto, i sardi lo sanno bene come si fa un pecorino e le pecore pascolano in ambienti naturali meravigliosi. Il pecorino romano in Sardegna, così come nel Lazio e nel grossetano, è prodotto con latte di razze autoctone che si nutrono in pascoli incontaminati ricchi di erbe spontanee che sono un’esplosione di aromi.
Ma torniamo al nostro pecorino romano. È un pecorino a pasta dura, tant’è che è usato soprattutto come formaggio da grattugia, al pari del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano. Anzi, alcuni primi piatti lo prevedono come ingrediente ‘principe’, come l’amatriciana o la cacio e pepe.
La storia del Pecorino Romano risale all’epoca romana, ovviamente. Il poeta Virgilio ci racconta che un soldato romano ne consumava una porzione di 27 grammi al giorno che gli dava l’energia per andare in battaglia e in viaggio. La sua grande diffusione, infatti, dipese proprio dalla tecnica di produzione e dalla lunga conservazione.
La produzione del pecorino romano è molto interessante. Le forme, che oscillano tra un peso id 20 e 35 kg, subiscono quattro salature e la crosta, che può essere anche avorio, è del tipico colore nero. Un formaggio molto saporito ma non eccessivamente ricco di sale, un po’ piccante e sempre molto gustoso. La stagionatura, infine, è di circa sei mesi per il Pecorino Romano da tavola e di almeno otto mesi per quello da grattugia.
Il pecorino sardo
Chiudiamo questo percorso nelle terre italiane del pecorino arrivando in Sardegna. Abbiamo visto che in quest’isola è prodotto anche il pecorino romano Dop, ma c’è un’altra denominazione, senza dubbio più vicina alla tradizione locale: il pecorino sardo.
Il pecorino sardo Dop è prodotto in due diverse stagionature: c’è il pecorino sardo ‘maturo’ e il pecorino sardo ‘giovane’.
Il pecorino sardo dop maturo stagiona a lungo, per oltre sei mesi, durante i quali arriva a sviluppare il suo particolare gusto piccante, intenso e avvolgente che lo rende un ottimo formaggio italiano sia da tavola, sia da grattugia.
In Sardegna è il formaggio di casa, quello che non manca mai, proprio come accade per quello toscano.
È proprio questo legame con il pasto quotidiano a rendere il pecorino un formaggio italiano nel profondo, uno di quegli ingredienti che davvero non manca mai in casa. E c’è qualcosa di molto poetico e rassicurante in tutto questo.