Oggi parliamo dei capperi di Pantelleria, piccoli ma ricchissimi di sapore. Ma c’è di più, scopriremo anche cucunci, tenerumi e il capperificio che porta la tradizione pantesca nel mondo. Pronti a partire?
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Ma chi l’ha detto che sott’olio c’è solo il tonno?
Sul tonno sott’olio sappiamo tutto, o quasi. Siamo abituati a metterlo nei panini, nelle insalate, nei sughi per la pasta o su una frisella.
Ma la ricciola? Sapete che pesce è? Come si pesca? E come si utilizza in cucina? Scommetto che molti sono del tutto impreparati sull’argomento, ed è un vero peccato. Perché la ricciola è un pesce eccezionale.
Conservata sott’olio, poi, è uno di quei jolly che in cucina riescono a trasformare un piatto banalissimo in una vera esplosione di gusto.
La ricciola, un pesce pregiato
La ricciola è un pesce pelagico, ovvero che vive in mare aperto lontano dalla costa. Fa parte della famiglia dei Carangidi, anzi ne è l’esemplare più grande. Pensate che può raggiungere i due metri di lunghezza e fino ai 100 chili di peso.
Vive nel Mar Mediterraneo, nell’Oceano Pacifico e nell’Oceano Atlantico, generalmente tra i 20 e i 70 metri di profondità.
Chiaramente le ricciole non sono tutte uguali. Se acquistate un pesce pescato all’amo e lavorato in maniera artigianale in Italia e uno che viene da un peschereccio oceanico davanti alle coste India, non potete aspettarvi lo stesso sapore.
Ma soprattutto dovete sapere che ben diverso è l’impatto ambientale di questo pesce e ancora più diverso l’effetto che ha sulla vostra salute.
Pesca a strascico, la rovina del mare
I pescherecci oceanici praticano la devastante pesca a strascico, attualmente la più redditizia e la più inquinante.
Le reti a cono raggiungono il fondale e vengono trascinate dalla barca, distruggendo fondali, coralli, alghe e posidonie. Ma non è “solo” questo il problema. Perché le reti a strascico acchiappano tutto, esemplari giovani e adulti, ostacolando il ripopolamento ittico.
E catturano anche squali, delfini, cetacei e tartarughe, che subiscono una sorte anche peggiore. Se non muoiono subito nelle reti, vengono ributtati in mare, dove muoiono magari giorni dopo per i danni subiti.
Per quanto riguarda il Mediterraneo, la flotta di pescherecci a strascico più grande batte bandiera italiana, un dato piuttosto imbarazzante se pensiamo a quanto sia radicata in Italia la cultura della pesca sana, etica e sostenibile.
E non è finita qui. Perché le reti per questo tipo di pesca sono in nylon, e non pensate che i pescherecci abbiano il minimo interesse a smaltirle nel modo corretto.
Una volta che sono usurate, le lasciano nell’oceano dove continuano a fare danni per qualcosa come 600 anni, impigliando pesci e degradandosi in pezzi microscopici, fino a diventare cibo per pesci. E quindi nostro.
Pesce, mercurio e metalli pesanti
Ad oggi, non si può più dire che mangiare pesce faccia bene. O meglio, non tutto il pesce è più così sano come credete. In alcune zone dell’oceano le acque sono così contaminate da mercurio e metalli pesanti che mangiare i pesci che vi vivono non è certo consigliato.
L’Oceano Indiano e il Sud Pacifico sono quelli che versano in condizioni peggiori, ma anche al largo della costa occidentale del Nord America non si scherza.
Qui si estende il Great Pacific Garbage Patch, 80.000 tonnellate di rifiuti in plastica che si degradano a un ritmo lentissimo, trasformandosi nell’ancora più pericolose microplastiche, che vengono mangiate dai pesci, e poi da voi. E indovinate? Quasi il 50% di questi rifiuti sono composti da vecchie reti da pesca abbandonate.
Tutto questo per dirvi solo una cosa: leggete l’etichetta!
Campisi, sapori della terra e del mare di Sicilia
Non volete leggere l’etichetta? Volete avere la certezza di acquistare un prodotto sano, buono e sostenibile? Molto bene, basta scegliere una ricciola Campisi.
Pesca all’amo e lavorazione manuale
Campisi produce moltissime conserve ittiche, ricciola ma anche tonno, acciughe, sgombro e pesce spada. E lo fa nel massimo rispetto del mare e della tradizione.
Solo pesca all’amo e mai in mattanza, e solo procedimenti attenti e rigorosi per la pulizia e il confezionamento del pesce. La sfilettatura è manuale, la cottura è delicata, a vapore, per mantenere intatti gusto e consistenza.
Benissimo, ora avete capito perché una ricciola Campisi è così diversa da una lavorata in India? E sappiate anche che con una buona ricciola è facilissimo creare piatti sani, facili e buonissimi.
Qualche idea? Restiamo in Sicilia: provate le busiate (sono un formato di pasta tipico di Trapani), con la ricciola e i pomodori secchi, ovviamente quelli di Pachino, oppure un bel cous cous con ricciola, melanzane e mandorle tostate, un piatto fresco, nutriente e delizioso.
Un’altra ricetta che piacerà sicuramente a tutti è quella delle polpette di ricciola. Unite i filetti scolati a patate lesse, capperi, prezzemolo e un uovo. Una volta che avete trovato la consistenza giusta, formate delle palline, impanatele nel pangrattato e friggetele in olio di semi di arachidi.
La ricciola Campisi non è solo buona, è anche sana, sostenibile e super versatile in cucina. Ed è un pezzo della nostra storia, della cultura gastronomica siciliana e dell’arte di far bene le cose.
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