Oggi parliamo dei capperi di Pantelleria, piccoli ma ricchissimi di sapore. Ma c’è di più, scopriremo anche cucunci, tenerumi e il capperificio che porta la tradizione pantesca nel mondo. Pronti a partire?
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ALLA SCOPERTA DEI FORMAGGI ITALIANI A LATTE CRUDO
Il latte crudo è il latte che non subisce alcun trattamento termico prima di essere lavorato per diventare formaggio. Secondo Slow Food, i formaggi fatti con questo tipo di latte, ovvero i formaggi italiani a latte crudo, sono gli unici a preservare una biodiversità di batteri invisibili, ma che rendono questi prodotti gastronomici unici, una grande ricchezza da preservare.
Cosa è il latte crudo?
Il latte crudo è quello appena munto e che esce perfettamente sterile dalla mammella della mucca a una temperatura di 37°. I batteri iniziano a proliferare non appena entra a contatto con l’ambiente e l’aria. Tuttavia, con tutte le dovute accortezze, di cui vi parlerò a breve, non sono contaminazioni pericolose, quanto piuttosto caratteristiche microbiologiche che permettono di creare formaggi squisiti.
Il latte crudo, filtrato e non trattato termicamente in alcun modo, è ricchissimo di vitamine (soprattutto A, C e D), proteine e grassi, variabili in base al tipo di animale da cui proviene. È un latte in grado di apportare molto calcio e ferro. Proprio per l’assenza di trattamento termico, il latte crudo deve provenire da allevamenti dove gli standard igienici e il benessere degli animali sono di altissima qualità.
Non soltanto. Quando i casari utilizzano il latte crudo per i propri formaggi, devono lavorarlo entro tempi brevi dalla mungitura e in luoghi vicini agli allevamenti. È un circuito molto virtuoso, non a caso molti caseifici hanno ormai aziende agricole di fiducia, di cui conoscono i perfetti standard di allevamento di mucche, pecore e capre.
Qual è la differenza tra latte crudo, latte pastorizzato e latte termizzato?
Prima di entrare nel dettaglio di come si fanno i formaggi a latte crudo, è importante capire qual è la differenza tra latte crudo, pastorizzato e termizzato. Del latte crudo abbiamo parlato poco fa, quindi passiamo agli altri due.
Il latte pastorizzato arriva fresco di munta e, a differenza di quello crudo, viene trattato per pochi secondi attraverso piastre riscaldate a circa 80°. Dopodiché subisce un rapido raffreddamento per fare in modo che i germi muoiano mentre alcuni batteri resistano. Benché una flora batterica permanga, per fare formaggio con il latte pastorizzato è inevitabile utilizzare i fermenti – chiamati anche starter – per permettere che avvengano i processi di fermentazione.
C’è poi un’alternativa alle temperature della pastorizzazione: è la termizzazione. Molti caseifici adoperano latte termizzato, come Deroma per il suo pecorino romano Dop. Si tratta di un latte fresco, appena munto, portato a una temperatura di massimo 68° e per un minor tempo rispetto a quello della pastorizzazione. È quindi un trattamento termico a tutti gli effetti, ma più delicato: la flora batterica è in parte preservata rispetto a quella del latte pastorizzato, ma di converso non tutti i germi potenzialmente patogeni sono eliminati.
Formaggi a latte crudo: le caratteristiche principali
Abbiamo parlato delle differenze tra i vari trattamenti del latte prima che diventi formaggio, ma come sono fatti i formaggi a latte crudo?
Per quanto riguarda gli obblighi di legge, oggi i formaggi a latte crudo devono dare indicazioni precise in etichetta sul tipo di latte impiegato soltanto se il formaggio è stagionato meno di 60 giorni, periodo dopo il quale qualsiasi rischio per la salute è assente.
A nostro parere, però, il latte crudo è un grande valore aggiunto per un formaggio, sempre e comunque, per cui averlo segnalato tra gli ingredienti è sicuramente un vanto, ma per molti ancora il latte non pastorizzato è percepito come latte non sicuro. Erroneamente, per altro, se il caseificio è certificato per qualità dei prodotti e dei processi di lavorazione.
Una grande distinzione tra produzione artigianale e produzione industriale, infatti, è proprio nel tipo di latte impiegato per fare formaggio. I caseifici industriali non utilizzano mai latte crudo, poiché si tratta di una filiera che prevede molto lavoro manuale e un’organizzazione logistica completamente diversa. Tuttavia, al contrario, molti produttori artigianali impiegano anche latte pastorizzato. Tutto dipende dalla stagionatura e dal tipo di formaggio prodotto.
Una grande eccellenza tra i formaggi italiani a latte crudo sono senza dubbio i formaggi di malga, o formaggi d’alpeggio. Sono prodotti direttamente in montagna, sopra i 1600 metri di altitudine. Lassù gli animali pascolano e sono munti senza rientrare a valle, e sempre in quota il latte è trasformato in formaggio. I foraggi di cui si nutrono, la varietà della flora a loro disposizione infonde il latte di profumi che si riscoprono poi a ogni morso dei formaggi d’alpeggio. Ne è un esempio perfetto il Castelmagno d’Alpeggio di La Meiro: tanto è importante l’ambiente che circonda le mucche e i suoi frutti che ogni estate il formaggio ha una sua sfumatura unica.
È una sacrosanta verità quella che i formaggi italiani artigianali sono lo specchio di un territorio, di un pascolo, di una razza e di un modo preciso di allevarla. Ogni formaggio diventa una storia di gusto autentica, inavvicinabile dai formaggi industriali.
La produzione dei formaggi a latte crudo avviene senza l’utilizzo di fermenti industriali, sono per questo motivo definiti formaggi ‘naturali’, poiché fatti soltanto con latte, sale e caglio. La fermentazione avviene naturalmente grazie alla flora batterica lasciata inalterata ed è visibile nella tipica occhiatura irregolare di molti formaggi a brevi-medie stagionature fatti con latte non pastorizzato. Un processo che preserva al massimo la struttura aromatica del formaggio, conferisce un sapore unico e intenso, diverso da zona a zona di produzione.
Una (breve) lista di grandi formaggi a latte crudo
Molti si chiedono quali siano i formaggi italiani a latte crudo. Sono tanti e per fortuna a molti è stata riconosciuta da Denominazione di Origine Protetta. Ci sono però delle delizie più rare che abbiamo selezionato con grande piacere per il nostro palato.
Eccone alcuni:
- Parmigiano Reggiano Dop – solo latte vaccino crudo ( noi abbiamo scelto quello del Caseificio Gennari)
- Grana Padano Dop – solo latte vaccino crudo (noi abbiamo scelto quello di Lattebusche)
- Fiore Sardo Dop – latte crudo di pecora (noi abbiamo scelto quello di Argiolas Formaggi)
- Fontina Dop – latte vaccino crudo (noi abbiamo scelto quella di Panizzi)
- Pecorino Bucciato Gioia del Pastore – latte di pecora crudo (De’ Magi)
- Caciocavallo Silano Dop – latte di mucca crudo (noi abbiamo scelto quello dell’Agriturismo Parco Verde)
- Strachitunt Dop – a munta calda, senza aggiunta di fermenti (noi abbiamo scelto quello della Cooperativa Sant’Antonio in Valtaleggio)
- Castelmagno d’Alpeggio Dop – latte di mucca crudo munto e lavorato a 1600 metri di altitudine (La Meiro)
I formaggi a ‘latte’ crudo e formaggi a ‘pasta’ cruda
Una piccola doverosa parentesi: i formaggi a latte crudo non sono tutti formaggi a pasta cruda. Quando si parla di pasta del formaggio, la cottura o meno implica altri processi e altre caratteristiche.
Un formaggio a ‘pasta cruda’ si ottiene quando alla rottura della cagliata non avviene un riscaldamento eccessivo, ovvero non supera i 42°. Se, invece, avviene un riscaldamento che supera i 46° si ottiene un formaggio a ‘pasta cotta’.
Per capire meglio, esistono formaggi a latte crudo e pasta cruda come le formaggelle e le tome, ma anche formaggi a latte crudo a media e lunga stagionatura, come il Parmigiano Reggiano.
I formaggi a latte crudo sono sicuri? Anche in gravidanza?
Il principale rischio legato al consumo di formaggi a latte crudo è la presenza di batteri, completamente eliminati con i trattamenti termici della pastorizzazione. Tuttavia è proprio la flora batterica tipica di un latte prodotto in uno specifico territorio a rendere davvero unico il gusto del formaggio con esso creato. Il punto d’incontro è la corretta lavorazione casearia e l’informazione completa dei caseifici ai loro consumatori affinché essi conoscano tutta la filiera produttiva.
Un formaggio italiano a latte crudo maturato in ambienti sani si asciuga bene, e un habitat asciutto non è favorevole ai batteri, per cui il rischio diminuisce. In più, se il formaggio stagiona oltre due mesi il rischio è nullo.
Da mamma, però, so che in gravidanza ci si pongono mille domande sui cibi vietati perché potenzialmente dannosi. Una di queste è: si possono mangiare i formaggi a latte crudo in gravidanza?
Caseifici certificati e virtuosi che impiegano latte crudo per i propri formaggi sono scrupolosamente controllati e obbligati al protocollo HACCP di autocontrollo. Gli allevamenti sono monitorati, gli animali devono essere puliti e in salute, il latte utilizzato secondo certi procedimenti come detto poco sopra. La stagionatura oltre i sessanta giorni è la garanzia finale di sicurezza, motivo per cui in gravidanza è meglio mangiare formaggi a latte crudo semi-stagionati o stagionati, evitando magari quelli più freschi. Non mangiare formaggi a latte crudo in gravidanza significherebbe privarsi, ad esempio, di un formaggio prezioso come il Parmigiano Reggiano Dop, ricchissimo di proteine nobili, calcio, ferro e acido folico.
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