Oggi parliamo dei capperi di Pantelleria, piccoli ma ricchissimi di sapore. Ma c’è di più, scopriremo anche cucunci, tenerumi e il capperificio che porta la tradizione pantesca nel mondo. Pronti a partire?
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Tortellini: il primo piatto natalizio per eccellenza
Passano gli anni, cambiano le epoche e il mondo non è più lo stesso. Un solo punto fermo, in mezzo al caos della vita moderna, rimane incrollabile: al pranzo di Natale si mangiano i tortellini.
Cascasse il mondo, a casa mia non c’è 25 dicembre senza una scodella fumante di tortellini freschi. Prima li faceva la nonna, uno per uno, e li disponeva in file ordinate sul tavolo del salotto, con un panno sopra per non fare seccare la pasta.
Parlare di rito è riduttivo. Tutta la famiglia si mobilitava in vista del “tortellinamento”. Il nonno andava a prendere le uova dal contadino, che le galline le conosceva così bene che le chiamava per nome, la zia a scegliere la carne, e noi bambine potevamo – al massimo – sperare di fare un tortellino a testa.
Ci mettevamo persino in fila ordinata, in trepidante attesa di poter maneggiare quella forma perfetta, riempire la pasta con il ripieno e chiuderne gli angoli con la pressione delle dita.
Tutto molto bello, sì, se non che la nonna ci metteva un’ansia che ci mangiava vive, e tra il fiato sul collo della cugina dietro, gli occhi della nonna che nemmeno il tribunale della Santa Inquisizione davanti, i nostri tortellini chissà perché sembravano sempre reduci da un incidente stradale.
I suoi, invece, perfetti. Piccoli, pieni, panciuti, tutti incredibilmente identici. Ma come faceva? Di fatto, lo standard era talmente alto che nessuno di quelli che hanno assaggiato i tortellini della nonna, e dico proprio nessuno in tre generazioni, ha mai nemmeno provato a replicarli.
Tortellini? Mangiati spesso, fatti mai. Il paragone sarebbe troppo schiacciante. Non pensate però che non me la goda – moltissimo – soprattutto a Natale.
Perché di tortellini freschi già pronti ormai è pieno il mondo. Quelli buoni, però, sono proprio pochi e quelli eccezionali ancora meno. Ma tranquilli, noi li abbiamo trovati e siccome siamo buoni vogliamo condividerli con tutti voi.
Per un pranzo di Natale come si deve, per celebrare in famiglia il giorno più dolce dell’anno e godere di un piatto che è un vero inno alla migliore cultura gastronomica italiana. Senza ansia però.
Un po’ di storia
Qui, più che il quando bisognerebbe indagare il dove. Bologna o Modena? La sfida dura ormai da secoli, anche perché il luogo di nascita dei tortellini, Castelfranco nell’Emilia, fino al 1929 apparteneva alla provincia di Bologna e poi è stato aggregato a quella di Modena.
Vi starete chiedendo cosa ci sia di così importante a Castelfranco nell’Emilia. Ma come, davvero non conoscete la leggenda dell’ombelico di Venere?
Dunque, correva l’anno 1325 e in terra emiliana si stava disputando uno dei più feroci scontri tra Bologna e Modena, la battaglia di Zappolino. La storia ci racconta che la causa della battaglia fu l’antico contrasto tra Ghibellini modenesi e Guelfi bolognesi.
Alessandro Tassoni, però, scrittore modenese vissuto a cavallo tra 500 e 600, nel suo poema eroicomico “La Secchia Rapita” ci offre un altro punto di vista. Tutto è nato, ci dice, quando i modenesi hanno rapito ai bolognesi niente meno che un vecchio secchio bucato.
E visto l’importanza cruciale di questa resa dei conti, potevano forse Venere, Bacco e Marte esimersi dal partecipare alla battaglia? Certo che no.
Ma pure loro, a una cert’ora, dovevano dormire e la leggenda ci dice che i tre scelsero la locanda Corona, a Castelfranco nell’Emilia. La mattina, Bacco e Marte ripartirono, lasciando Venere addormentata.
L’oste curioso, o piuttosto guardone, si avvicinò alla dea in deshabillé e scorse il suo stupendo ombelico. La folgorazione. L’uomo rimase così ammaliato che corse in cucina a tentare, con un fazzolettino di pasta all’uovo di riprodurre quel nodo perfetto.
Era Venere? L’inventore del tortellino ha davvero preso spunto dall’ombelico femminile? Ma in fondo, è così importante? O non dovremmo semplicemente ringraziare chiunque sia stato a creare un tale capolavoro del gusto?
Il tortellino autentico
A Bologna e dintorni sui tortellini non si scherza. È un affare serio, quasi sacro. Tanto che nell’ottobre del 1965 è nata la Dotta Confraternita del Tortellino, il cui motto è In studio - in mensa - Bononia docet. (Ah, Bononia è il nome latino di Bologna. Guai a far notare ai Confratelli che anche a Modena i tortellini li sanno fare.)
Fatto sta che la Dotta Confraternita ha depositato nel 1974 con regolare atto notarile l’autentica ricetta del ripieno dei tortellini bolognesi, integrata poi nel 2008 con quella della pasta all’uovo e del brodo.
La pasta fresca deve essere bella gialla, un uovo intero ogni etto di farina. Nel ripieno ci vanno: lombo di maiale rosolato nel burro, prosciutto crudo, mortadella Bologna, Parmigiano Reggiano, uova per legare il tutto e una bella grattata di noce moscata.
Per il brodo, sedano, carota, cipolla, carne di manzo e mezza gallina ruspante. Alternative al brodo ci sono (li avete mai provati con il tartufo?) ma io ve lo dico, si rischia la scomunica.
La scelta
Il problema era: se mi rifiuto di fare i tortellini ma voglio i tortellini buoni come quelli della nonna, come faccio?
Scovare il produttore perfetto non è stato facile, ma alla fine ce l’ho fatta. Ho trovato la vera pasta fresca bolognese, fatta in modo artigianale e solo con i migliori ingredienti del territorio.
Sto parlando dei tortellini freschi Gratifico, che non per nulla rappresenta l’arte della pasta di Bologna. Le uova sono di galline allevate a terra, la mortadella è IGP, il Parmigiano Reggiano è stagionato oltre 30 mesi.
Non saranno fatti con le mie mani, ma meglio così. Nonna, abbi pazienza, io l’arte del tortellinamento non l’ho mai imparata, ma la ricerca dell’eccellenza sì, e anche parecchio bene. E direi che molto è anche merito dei tuoi tortellini.
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