Oggi parliamo dei capperi di Pantelleria, piccoli ma ricchissimi di sapore. Ma c’è di più, scopriremo anche cucunci, tenerumi e il capperificio che porta la tradizione pantesca nel mondo. Pronti a partire?
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La Campania e la pasta: dove tutto ebbe inizio
Esiste qualcosa di più tipicamente italiano della pasta? Da sempre, nell’immaginario collettivo, non c’è tavola italiana senza un piatto di pasta e i nostri antenati immigrati si sono spesso sentiti chiamare “mangiaspaghetti”. Nacque come un insulto e oggi è un luogo comune alquanto diffuso, ma nasconde un fondo di verità. Diciamocelo, la pasta ci piace, e tanto.
Non per nulla il consumo medio è di quasi 25 chili pro capite l’anno, con una media di cinque volte a settimana.
Evidentemente, però, non siamo gli unici mangiaspaghetti, se consideriamo che quasi il 60% della produzione italiana finisce all’estero e un piatto di pasta su quattro, nel mondo, viene prodotto in un pastificio italiano.
Ma si sa, c’è pasta e pasta, grano e grano, acqua e acqua. Si fa presto a dire maccheroni, ma sappiamo davvero tutto quello che c’è dietro un piatto di pasta? In realtà, non sempre quello che troviamo sugli scaffali del supermercato è un prodotto valido.
Partiamo dal grano. Nonostante sia il primo cereale nazionale per superfici coltivate, non ce n’è abbastanza per l’industria della pasta, che ne importa ogni anno due milioni di tonnellate da paesi UE ed extra UE. Occhio all’etichetta quindi: ci deve essere indicato il paese di origine del grano e il paese di molitura, come stabilito dal decreto di febbraio 2018 varato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali.
Altro problema: in che modo viene fatta la pasta? C’è la pasta trafilata al bronzo e poi tutta quell’altra, che non avrà il corretto grado di porosità e ruvidezza per accogliere il sugo. La trafilatura è il processo fondamentale per cui l’impasto di grano e acqua viene fatto passare attraverso fori di varie forme e dimensioni che servono a creare i diversi formati e quindi tagliato in base alla lunghezza desiderata.
Ed è davvero importante che la pasta sia trafilata al bronzo e non al teflon, come accade invece nella maggioranza della produzione industriale. Ci vuole molto più tempo e la trafila al bronzo è molto più costosa dell’altra, certo, ma il risultato è una pasta perfettamente ruvida e rugosa, che trattiene il condimento. E il campo si restringe.
Dove ci condurrà questa ricerca della pasta perfetta? Esiste il paradiso della pasta? Ebbene sì, e si chiama pasta di Gragnano. Vediamo cos’ha di tanto speciale questo prodotto e questo posto.
Pasta di Gragnano: un nome una garanzia
Gragnano è un piccolo comune a sud di Napoli, conosciuto come la Città della Pasta. La storia tra Gragnano e la pasta risale addirittura alla fine del XVI secolo, quando compaiono i primi pastifici a conduzione familiare. Ma è dai tempi dei Romani che qui si macina il grano, grazie ai mulini ad acqua sul torrente Vernotico. Il grano infatti ha trovato qui il clima perfetto, con il giusto livello di umidità, calore e vento e la Valle dei Mulini testimonia il ruolo cruciale della macinatura in questa zona.
Nell’Ottocento aprono i primi pastifici industriali. Già a metà secolo, ce ne sono più di cento e danno lavoro al 75% della popolazione attiva. Nel 1845, la consacrazione ufficiale. Il re del Regno di Napoli, Ferdinando II di Borbone, rimane così colpito dalla qualità della pasta di Gragnano che decide che la pasta che si mangia a Corte proverrà soltanto da lì. L’unificazione nel 1861 apre i confini e la pasta di Gragnano diventa famosa e richiesta anche a Torino, Milano e Firenze. Il commercio è così attivo che richiede la costruzione di una linea ferroviaria, inaugurata nel 1885, che colleghi a Napoli per gestire l’esportazione.
L’industrializzazione del Novecento fa sì che aprano molti pastifici anche al Nord. Nei nuovi pastifici, i torni manuali sono pian piano sostituiti da moderni macchinari elettrici e la produzione aumenta esponenzialmente. Ma Gragnano resiste, e se non può più puntare sulla quantità si distingue dal resto della produzione per la qualità superiore della propria pasta, frutto di secoli di esperienza e sapere artigianale.
Il 23 novembre 1980 Gragnano viene devastata dal terremoto dell’Irpinia. Sono solo 8 i pastifici sopravvissuti. Ma ancora una volta, la città riesce a rialzarsi e a puntare sull’eccellenza dei propri prodotti. Chi dice Gragnano dice pasta, e chi è alla ricerca della pasta migliore non può che fare rotta qui.
Nel 2003 nasce il Consorzio di Gragnano Città della Pasta e nel 2013 la Pasta di Gragnano ottiene il Marchio di Indicazione Geografica Protetta, il primo mai assegnato alla pasta. Nel 2019 il Consorzio riceve l’incarico ufficiale del Ministero delle Politiche Agricole di tutelare, vigilare e valorizzare la pasta di Gragnano IGP.
Pastificio dei Campi
Il Pastificio dei Campi è uno dei Consorziati. Ha sede a Gragnano e si pone come obiettivo quello di sostenere la tradizione della pasta di Gragnano IGP. Il grano proviene dalla Puglia ed è coltivato con la rotazione triennale delle colture per non impoverire il terreno. Aboliti anche i fertilizzanti chimici: la scelta va alla qualità, non alla quantità né alla massimizzazione della resa.
La lavorazione della pasta è rigorosamente artigianale, le trafile solo in bronzo, l’essiccamento lento e naturale. La differenza si sente, e questa pasta è unica e inimitabile. La consistenza è perfetta, elastica al punto giusto e tiene la cottura in modo sorprendente.
Tanti formati per gusti e condimenti diversi, dai paccheri agli spaghetti, dagli ziti lisci ai conchiglioni. C’è davvero l’imbarazzo della scelta
Pasta per tutti i gusti
Per parlare di tutti i modi in cui si può cucinare la pasta servirebbe un’enciclopedia. L’unica regola è questa: pasta di ottima qualità, ovvero pasta di Gragnano IGP trafilata al bronzo. I condimenti possono essere infiniti ma senza una pasta eccellente si va poco lontano.
Poi, pasta corta o pasta lunga? Dipende dal sugo, ma anche dal gusto personale. C’è chi impazzisce per la pasta liscia, chi mangia solo quella rigata. Anche qui, sono scuole di pensiero. Ma la pasta buona è buona sempre.
Come condire un bel piatto di pasta? Libero spazio alla fantasia ma anche alla stagionalità, quindi proponiamo sughi in cui le verdure diano il meglio di sé. Vietata la pasta ai peperoni a febbraio, come quella ai carciofi a luglio. Il pomodoro va bene sempre, e ne esistono mille versioni, la mia preferita rimane quella con il pomodoro fresco, piccantina e con tanto basilico.
La pasta esalta la regionalità: trofie al pesto, orecchiette alle cime di rapa, bucatini all’amatriciana. Stanno così bene insieme che non c’è motivo di separarli.
La pasta è la base della nostra cucina, provate a chiedere a un gruppo di amici qual è il loro piatto preferito e vi renderete conto di quanto incida sulla nostra idea di mangiare bene. La pasta è un piatto da tutti i giorni, la prima cosa che ci viene in mente quando abbiamo il frigo vuoto, ma può essere la protagonista di primi elaborati, suntuosi e adatti ai giorni di festa. Mangiaspaghetti sì, ma fieri di esserlo.
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