Oggi parliamo dei capperi di Pantelleria, piccoli ma ricchissimi di sapore. Ma c’è di più, scopriremo anche cucunci, tenerumi e il capperificio che porta la tradizione pantesca nel mondo. Pronti a partire?
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Perché scegliere una pasta IGP
Fammi indovinare: tra ieri e oggi hai mangiato almeno una volta un piatto di pasta. No? Strano, allora non fai parte di quell’83% di italiani che consuma la pasta almeno una volta al giorno.
Una bella percentuale vero? Pensa che noi italiani siamo i primi consumatori al mondocon una media di 23,5 kg l’anno (fonte International Pasta Organisation), contro i 17 kg della Tunisia e i 15 del Venezuela, con cui spartiamo il podio di mangia-spaghetti.
Nel mondo lo scorso anno sono stati prodotti quasi 17 milioni di tonnellate di pasta, praticamente il doppio rispetto a 10 anni fa. Cresce, quindi, il consumo e la produzione. Ma la qualità aumenta in proporzione alla quantità? Oppure rischia di perdersi nella grande, grandissima distribuzione?
La pasta è sempre più prodotta e apprezzata, ma di che pasta stiamo parlando? L’Italia conserva la leadership mondiale nella produzione con 3,5 milioni di tonnellate, seguita a ruota dagli USA (2 milioni), dal Brasile (1,1 milione) e dalla Russia (1 milione). Non c’è bisogno di dirlo: pensare che tutti i paesi applichino gli stessi standard di qualità che ci aspettiamo noi è solo un bel sogno.
Cosa significa IGP?
Ma come si fa allora a tutelarsi? Come possiamo avere la certezza che quella nel nostro piatto sia una pasta sana e genuina? Il sistema è sempre lo stesso: leggere l’etichetta!
Il made in Italy è il primo filtro, diciamo. Ma per noi cultori del cibo, si tratta solo di una selezione iniziale. Se vuoi davvero goderti la pasta senza mezzo pensiero, cerca il marchio IGP.
Come ci spiega il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, l’Indicazione Geografica protetta è un riconoscimento che “identifica un prodotto originario di un determinato luogo, regione o paese, alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità, la reputazione o altre caratteristiche e la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata ”.
E chi dice pasta IGP, dice pasta di Gragnano.
Gragnano, la città della pasta
Gragnano è conosciuta – a ragione - come la città della pasta. Perché in questo piccolo paesino in provincia di Napoli si produce davvero la pasta più buona del mondo, e non solo in tempi recenti.
Nella Valle dei Mulini sul torrente Vernotico il grano si macina fin dal Medioevo. Poi, nell’Ottocento, il successo. Pensa che il re Ferdinando II di Borbone, alla corte di Napoli, voleva solo la pasta di Gragnano e fece costruire una linea ferroviaria apposta per l’approvvigionamento.
Nel ‘900 la crisi: aprono i primi pastifici industriali in Nord Italia e producono 10 volte tanto rispetto ai pastifici di Gragnano. Il terremoto del 1980 è il colpo di grazia. Sopravvivono solo 8 pastifici, ma la città riesce, quasi per miracolo, a rialzarsi e rifiorire puntando tutto sulla qualità anche a discapito della quantità.
Scelta che è stata ampiamente ripagata con la nascita nel 2003 del Consorzio di Gragnano Città della Pasta e il riconoscimento IGP nel 2013.
Materie prime e territorio
Ma perché la pasta di Gragnano è diversa da tutte le altre? La storia, certo, è di quelle mitiche, ma ci vuole ben altro a creare un mito.
Partiamo dalle materie prime, ma chiariamo subito una cosa. Il riconoscimento IGP non richiede necessariamente che tutti gli ingredienti utilizzati provengano dal territorio geografico. Esistono brand che producono pasta di Gragnano IGP con grano non italiano, per dire, e in teoria non c’è niente di irregolare in questo.
Va anche detto che pochi paesi applicano la nostra stessa politica di controllo sui prodotti agroalimentari. E diciamo anche che, potendo scegliere, noi vogliamo mangiare pasta di Gragnano IGP con grano italiano. Ci sembrerebbe strano fare diversamente, ecco.
I nostri amici del Pastificio dei Campi, ad esempio, utilizzano esclusivamente il grano duro delle varietà più antiche, coltivato sul Tavoliere della Puglia. Vietati i fertilizzanti chimici e i glifosati, così come lo sfruttamento dei terreni. Ogni 3 anni c’è una rotazione delle colture: la resa è inferiore, ma la qualità impareggiabile.
Tecniche di produzione uniche
Come si fa, in concreto, la pasta di Gragnano? Cos’hanno di così unico queste tecniche di produzione? Sicuramente la trafila al bronzo è una dei protagonisti di questa storia: è proprio lei a rendere la pasta così porosa e ruvida. La trafila al teflon, invece, cioè quella utilizzata nei classici pastifici industriali, rende la pasta liscia e quasi “impermeabile” ai condimenti.
Altro protagonista della nostra storia, il tempo. L’essiccazione è lenta, ci possono volere fino a 60 ore per la pasta perfetta. E allora non resta che aspettare, perché per fare le cose buone ci vuole esattamente il tempo che ci vuole.
Un sistema di tracciabilità totale
Al Pastificio dei Campi si definiscono “moderni interpreti di una tradizione secolare” e non potremmo essere più d’accordo. Una cosa che apprezziamo in particolare - oltre agli spaghetti, i bucatini, i paccheri, gli ziti, i fusilli e i rigatoni – è la trasparenza.
La tracciabilità è totale, perché c’è un sistema di raccolta dati che permette di ottenere tutte le informazioni relative a ciascun pacchetto, dal campo di grano al confezionamento.
In questo modo, il consumatore sa esattamente cosa ha nel piatto e può dare un volto a tutti coloro che hanno lavorato affinché l’eccellenza gastronomica italiana arrivasse sulla sua tavola.
La pasta di Gragnano del Pastificio dei Campi è oggettivamente superiore a tutte le altre. Solo in questi pacchetti trovi il grano italiano coltivato a regola d’arte, le tecniche di produzione artigianali e i formati tradizionali. E se ancora non sei convinto, metti su l’acqua e assaggiala!
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